L'uso degli psicofarmaci in Italia

10.01.2021

Gli antidepressivi sono gli psicofarmaci più consumati in Italia. Per gli ansiolitici, si è registrato una crescita nei consumi di oltre il 4% nei primi sei mesi del 2020.

I maggiori consumatori sono le persone con età inferiore ai 35 anni, sempre più colpiti da ansia, insicurezza, insonnia, senso di isolamento.

Questi dati, oltre a dimostrare la presenza di un'ampia fetta di popolazione che fa un uso massiccio di psicofarmaci, comunicano un secondo aspetto, non meno preoccupante del primo: la psicoterapia, in alcuni casi, non è considerata come trattamento prioritario per il proprio dolore! Tale realtà persiste nonostante l'ormai chiara e scientifica certezza che gli psicofarmaci vanno sempre integrati con una psicoterapia mirata al malessere di cui si soffre.Come afferma una collega psichiatra: 

 "Il farmaco può essere una stampella, è utile nel momento critico per non farci cadere, ma poi è necessario un tipo diverso di lavoro, per muovere gli arti e camminare con le proprie gambe". 

Un corretto uso degli psicofarmaci presuppone il mantenimento della terapia farmacologica per il tempo necessario che consentirebbe alla persona di acquisire, mediante il lavoro terapeutico svolto in contemporanea, la consapevolezza sull'origine della propria sofferenza emotiva, su come essa viene alimentata e su quali strategie adottare per meglio gestirla. 

In alcuni casi, invece, le persone vedono lo psicofarmaco come una scorciatoia per non entrare in contatto con i propri vissuti dolorosi, per respingerli e accantonarli.

Forse alla base c'è la convinzione che in questo modo il dolore possa svanire?

Forse non si crede di avere le risorse per affrontarlo e superarlo?

Forse c'è la paura o la vergogna di mettersi in discussione, di aprirsi alle proprie vulnerabilità, concedersi di stare nel dolore, conoscerlo e viverlo, come tutte le altre esperienze della vita?

O forse non possiamo tollerare di essere sofferenti?

La psicoterapia è conoscenza, scoperta, stupore, speranza!

Può essere dolorosa e faticosa, è vero! 

Può farci sentire confusi, può portarci a mettere in dubbio tante cose, di noi stessi e degli altri. 

Ma se un dolore è condiviso, è già un dolore dimezzato. E tutto apparirà possibile, meno complicato di come era. 

Il dolore è ancor più dolore se tace (G.Pascoli).